VALERIA ZANINI

Curatrice del Museo La Specola

 


 

Padova

 

La Specola

 

Il museo dell'Osservatorio Astronomico è una delle principali strutture di ricerca dell'Istituto nazionale di Astrofisica

 

 

 

 

Nell'immaginario collettivo dei padovani, e non solo, la torre della Specola rimane tutt'ora "la torre di Galileo", il luogo dal quale, secondo una falsa tradizione, il celebre pisano eseguì le sue straordinarie scoperte astronomiche e svelò, primo fra gli uomini, particolarità degli astri da sempre rimaste nascoste nei segreti del firmamento, grazie alle quali rivoluzionò non solo l'astronomia, ma l'intera scienza. Nonostante questa profonda e diffusa convinzione, l'Osservatorio Astronomico di Padova, sito all'interno della Specola, non fu in realtà mai frequentato dal famoso scienziato, perchè la sua istituzione e, quindi, la sua edificazione sulla preesistente torre maggiore del Castelvecchio della città, non fu messa in atto se non nell'ultimo trentennio del XVIII secolo, cioè circa 150 anni dopo che Galileo lasciò Padova per trasferirsi a Firenze, alla corte dei Medici.
Pur privato di questo mito, il visitatore che viene accolto al Museo La Specola non resta, comunque, deluso nelle sue aspettative, ma incontra e si confronta con un luogo pieno di fascino, nel quale viene immerso in una densa atmosfera intrisa di storia, arte e scienza.
Nel corso del tempo, le solide mura della Specola hanno infatti assistito, immobili e silenti, a quasi mille anni di storia padovana: la torre, costruita per volere del tiranno Ezzelino alla metà del XIII secolo quale luogo di prigionia, tortura e morte per oltre 10000 padovani, vittime inermi del tremendo despota - come testimoniano le cronache dell'epoca - sorse infatti sui resti di un'antica postazione di avvistamento del X secolo. Trasformata nel Quattrocento in torre difensiva dagli illuminati principi Carraresi, signori di Padova, che la inglobarono nel castello cittadino, visse poi, assieme a tutto il castello, un lento declino nel corso dei secoli successivi, sotto il dominio della Serenissima. L'alba del XVIII secolo si levò, quindi, su di una torre quasi diroccata, destinata a deposito di polvere da sparo, mentre tutto il castello circostante, parzialmente utilizzato per scopi militari, giaceva abbandonato a se stesso.
Fu solo nel 1767 che la torre rinacque a nuova vita, dopo che l'abate Giuseppe Toaldo, pubblico professore di astronomia all'Università, la scelse quale sede ideale per collocarvi il nuovo osservatorio che la Repubblica di Venezia aveva decretato di realizzare: la torre si ergeva, infatti, nella periferia sud della città e dalla sua sommità si presentava perciò libero tutto l'orizzonte meridionale, luogo privilegiato per le osservazioni astronomiche. Inoltre le sue solide mura erano già perfettamente orientate in direzione nord-sud ed est-ovest, il che avrebbe notevolmente facilitato la corretta disposizione degli strumenti astronomici.
Grazie all'illuminata scelta di Toaldo, che ne fu anche il primo direttore, per oltre due secoli l'Osservatorio Astronomico di Padova, ora una delle principali strutture di ricerca dell'Istituto Nazionale di Astrofisica, ha continuato a produrre ricerca di alta qualità a livello internazionale, e dal 1994 ha scelto di aprire alla città il suo nucleo più antico, la torre appunto, trasformandola in museo astronomico.
Il percorso museale si snoda attraverso tutta la torre, toccando le quattro sale che costituirono i principali ambienti di lavoro degli astronomi del passato: la sala dell'iscrizione, la sala colonna, la sala meridiana e la sala delle figure.
La sala dell'iscrizione prende il nome dalla lapide qui collocata, che ricorda come quest'ambiente desse accesso alla terribile prigione fatta costruire da Ezzelino III da Romano nel 1242. Lo stesso ambiente, che con tutta la torre difensiva fu successivamente inglobato nel trecentesco castello dei Carraresi, conserva ancora, sul soffitto, il grande carro emblema dei Principi di Padova. La sala ospita ora gli strumenti per la misura del tempo: gli orologi a pendolo, i cronometri e i cronografi usati dagli astronomi della Specola padovana nel corso di circa 150 anni, oltre ai due più grandi cannocchiali rifrattori utilizzati nell'Ottocento dagli astronomi della Specola.
La sala colonna era, nel Settecento, luogo di passaggio per raggiungere l'adiacente sala meridiana e deve il suo nome al pilastro centrale che sostiene la volta soprastante. Nelle nicchie e nei vani delle finestre, ricavati nello spessore del muro della torre, sono visibili i ritratti di alcuni dei direttori succedutisi alla guida dell'Osservatorio nel corso degli anni, oltre ai piccoli strumenti utilizzati per le quotidiane osservazioni meteorologiche e astronomiche degli scienziati che qui operavano.
La sala meridiana, che era chiamata anche osservatorio inferiore, era il luogo ove si eseguivano le osservazioni del passaggio degli astri al meridiano celeste, il cerchio ideale che passa per lo zenit e per il polo del mondo. Sul pavimento è ancora ben conservata la linea meridiana incisa nel 1777: lungo questa linea, nel passato, veniva misurato il mezzogiorno vero all'Osservatorio. Sul muro di ponente della sala si può ammirare il prestigioso quadrante murale che era usato per le osservazioni meridiane delle stelle. Lo strumento, di 244 cm di raggio, fu costruito dall'artefice inglese Jesse Ramsden e giunse a Padova, via nave, da Londra. Per elevarlo fino alla sala che ancora lo ospita fu necessaria la forza di ben 12 uomini! Sulla parete est della sala è dipinto un grande affresco che illustra, con molta precisione, il sistema solare conosciuto alla fine del Settecento.
Salendo il rimanente centinaio di gradini che conducono alla sommità della torre si accede infine alla sala delle figure, così chiamata per i dipinti a grandezza naturale che raffigurano celebri scienziati del passato nel campo dell'astronomia e della meteorologia, realizzati dal pittore vicentino Giacomo Ciesa tra il 1772 e il 1773.
Spicca tra questi il ritratto di Galileo Galilei, rappresentato con la toga e l'ermellino, a perenne ricordo del ruolo di pubblico professore che egli ricopriva nel Seicento all'Università di Padova, quando da questa città effettuò le sue celebri scoperte. Se anche Galileo non ebbe mai modo di frequentare la specola padovana, dobbiamo però alla preziosa eredità culturale che egli lasciò in dono a noi e all'umanità intera, se ben presto nacquero in tutta Europa pregiati osservatori astronomici, e tra questi quello padovano in particolare, che divenne «uno dei più magnifici d'Europa, e senza esitanza il più cospicuo d'Italia, per la grandezza della sua fabbrica, per l'orizzonte, per i comodi ad ogni specie di osservazioni». È il nucleo storico di questo che, restaurato e restituito all'originale bellezza, è divenuto ora un piccolo gioiello museale, armoniosamente sospeso tra arte e scienza.

La Specola

 

Cannocchiale

 

La Specola - Galileo

 

 

 

 

 

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